Anish Kapoor a Napoli

Non appartiene a un genere definito, non si iscrive in una corrente e non è imitabile il modo di fare scultura di Anish Kapoor.

L’artista angloindiano riesce a fondere in maniera originalissima tradizione orientale (nella scelta dei pigmenti in particolare) e occidentale (nel classicismo di eleganti forme primarie). La sua ricerca nasce all’incrocio di architettura e scultura, con l’attenzione rivolta al sociale che caratterizza la Public art ma al contempo appare come il risultato di un solitario percorso.

Come ben racconta la mostra raffinata ed essenziale, che Anish Kapoor presenta nelle sale di Casamadre a Napoli, fino al 15 ottobre. Nelle eleganti e luminose stanze di questa galleria aperta dal curatore Eduardo Cicelyn negli storici spazi di piazza dei Martiri che furono di Lucio Amelio s’incontra una manciata di opere di Kapoor, ma che sintetizzano in maniera incisiva e potente tutto il suo lavoro: dalle sculture di cera che sembrano forme in fieri, malleabili, sensibili al contatto, fino alle sculture specchianti, come quella nera che conclude il percorso napoletano, capace di moltiplicare e di capovolgere le usuali prospettive, catturando l’immagine dello spettatore a testa in giù. Quella di Kapoor è una cosmogonia di forme senza trascendenza (come nota giustamente Cicelyn) che giocano con gli opposti, concavo e convesso, morbido e duro, luce e ombra, superando la scissione interno esterno.

Le sue sculture di puro pigmento colorato invitano quasi a toccarne la pelle, come membrana che mette in connessione, non come barriera. Così come il fondo nero dei quadri specchianti non nasconde un vuoto ma attira lo sguardo verso una profondità magnetica, vibrante, piena di riflessi cangianti, in continuo movimento. Andare oltre la superficie delle cose, evocare forme latenti che “intercettano” lo sguardo dello spettatore quasi fossero oggetti animati, questa è la sfida di Kapoor. Quando realizza sculture monumentali che ridisegnano completamente il contesto urbano in cui sono inserite. Ma anche quando, come in questo caso, accende spazi bianchi e minimal con sculture che sembrano vive “presenze”.

foto di Stefano Leone